mercoledì 14 gennaio 2009

17 GENNAIO 2009. Buongiorno Italia de l' Asino





Ha cinquecento alunni, un sacco di classi, una direttrice, tanti insegnanti e bidelli, ma non si chiama scuola. Watercliffe Meadow, un complesso che ospita bambini a cominciare dal nido fino alla fine delle medie, vuole essere definito "un luogo per imparare". E non è un dettaglio: nata dalla ristrutturazione di tre istituti diversi nella zona di Sheffield, la nuova sede scolastica rivendica con orgoglio di non usare quella parola - scuola - perché avrebbe delle connotazioni negative e, invece che avvicinare, allontanerebbe dalla cultura le famiglie e i loro bambini. 


La rivoluzione lessicale è solo un aspetto del più generale cambiamento: in nome della volontà di avvicinarla il più possibile alla gente, Watercliffe Meadow non ha i tempi scanditi dal suono della campanella, né, allo scadere dell'orario di ingresso, le porte vengono chiuse. I bambini possono seguire le lezioni in ciabatte e in ogni momento è possibile per i genitori entrare. 


"Vogliamo - ha spiegato la direttrice Kinda Kingdon - creare un nuovo tipo di esperienza, vogliamo che tutti si sentano vicini a questo luogo, vogliamo che non ci siano barriere tra dentro e fuori". 


Il "luogo per imparare" ha raccolto in realtà più critiche che consensi. Non sulla sostanza, perché rientra in un progetto del governo inglese quello di trasformare gli edifici scolastici in luoghi aperti 365 giorni l'anno dalle 8 del mattino alle 6 del pomeriggio, quando per la battaglia ingaggiata sul nome. Tutti i commentatori trovano esageratamente all'insegna del politically correct l'uso della perifrasi al posto del semplice nome proprio e ritengono che non sia nemmeno educativo cancellare dal vocabolario degli alunni il termine scuola. 



L'esempio di Sheffield, però, sta per essere ripetuto in altri istituto della Gran Bretagna dove sono pronti a ribattezzare "advanced learning center" i licei e ad aprirli a tutti, alunni veri e propri e no.





SCUOLA

( se scuola dev’ essere, che scuola sia)


La Scuola. Inventare una scuola che, anziché appiattire i livelli di conoscenza, esalti le differenze ( le qualità ) dei singoli evidenziandone le caratteristiche naturali in un più vasto processo di arricchimento collettivo.

Certe volte mi domando a cosa mi è servito conoscere le regole per l’ elevazione a potenza di un numero, la sua radice quadrata, l’ algebra, i radicali, i logaritmi, le equazioni se mai più nella vita, trascorso il periodo scolastico, mi sono imbattuto nella necessità di applicare le loro funzioni. Mai più!

E perché tutti dobbiamo sapere di chimica?

E quanti, come me, avrebbero ben più volentieri impiegato il loro tempo e il loro naturale talento nella musica o nella storia o nelle scienze naturali.... Salvo riimergersi nella matematica e nelle scienze se nuove improvvise, inattese circostanze, ne avessero promosso l’interesse?


La mia professione mi conduce ad una continua ricerca in mille direzioni diverse, quasi tutte affascinanti. La necessità di scrivere un libro per ragazzi ambientato nel Web mi ha costretto - con gioia - ad avventurarmi nella fisica binaria e a imbattermi nell’ algoritmo di Boole e, seguendo quella strada, recarmi a Erice per conoscerne meglio la comunità scientifica ( tanto per fare un esempio di turismo scolastico finalizzato ad un interesse personale ).


Una strana passione, nata che ormai avevo più di trent’anni, ( ed ero ormai lontano dalle logiche scolastiche tradizionali ) mi ha portato verso la botanica e verso l’agricoltura e, seguendo il mio istinto naturale e la mia vocazione, ho maturato una buona conoscenza dell’ agricoltura e delle scienze naturali, al punto da riuscire ad individuare un vitigno abbandonato dall’interesse agricolo dominante, a denunciarne il valore fino ad avere la gioia di vedere i produttori di vino a rivalutarlo e a riportarlo agli onori che meritava e fino al punto di vederlo oggi candidato alla DOGC!

Penso ad una scuola che faciliti i processi formativi naturali, approfondendo quelli e via via modellando le personali inclinazioni dei bambini verso una vita professionale condivisa, coronamento di aspirazioni piuttosto che semplice sistema per campare o per accumulare ricchezza.


Penso alla scuola come ad un universo interallacciato di Aree del Sapere. In un’Area ci sta la Matematica, la Fisica, le Scienze esatte, in un’ altra ci sta l’ Arte con la Letteratura, la Musica, le Arti Figurative, in un’altra ci sta l’Economia e la Finanza, in un’ altra la Medicina con le Scienze Naturali, in un’ altra ancora le Scienze Politiche e le Scienze sociali e in’ altra ancora lo sport e tutte le discipline della forza del corpo e del benessere.

Penso alla Scuola Materna e Scuola Elementare come aree in cui di individuano le tendenze naturali dei bambini per avviarli alle Aree del Sapere, dei Saperi personali, lasciando ampi spazi di interazione e di passaggio tra un Sapere e l’ altro. Non esisteranno più scuole medie o licei, ma Aree nelle quali lo studente amplifica ed esalta con la Conoscenza la sua naturale tendenza e le abbandona, senza esami intermedi o altre barriere terroristiche, solo nel momento in cui la sua preparazione viene ritenuta, prima di tutto da lui stesso, adeguata ad affrontare l’ultimo momento di approfondimento specialistico: quello che oggi è l’ Università - un’Area in cui si svolge una fortissima interazione fra il mondo della produzione e della ricerca in modo che quando lo studente affronta la vita produttiva porti con sé una conoscenza consapevole della realtà  che lo attende. In questo contesto onirico si colloca la mia visione del turismo scolastico: per quale motivo infatti devo andare a Pisa se, in quel momento, il mio interesse - pur di bambino - è rivolto a Mortara? Perché costringeremi ad andare a conoscere i padri della Costituzione alla Camera o al Senato se in quel momento sono più interessato ai popoli Hinuit della Groenlandia?








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